Epistolario Pierfilippo Castelli
L'epistolario si compone di due unità archivistiche legate fra loro per tipologia di contenuto ma provenienti da collezioni diverse. La prima, un tempo parte integrante dell'archivio Trissino Baston, giunse alla Bertoliana il 18 giugno 1866 assieme al fondo Porto Barbaran, in cui era confluita l'intera documentazione. In seguito alle disposizioni testamentarie di Alessandro Trissino (1851), infatti, ultimo discendente maschio del ramo Baston, l'archivio della sua famiglia venne ereditato dal pronipote Antonio Porto Barbaran, che scelse di incardinarlo a quello del suo casato. Il materiale, dopo essere entrato a far parte delle collezioni della Bertoliana, venne collocato originariamente nella camera G della prima sede, come risulta dall'inventario redatto da Andrea Capparozzo nella seconda metà dell'Ottocento, dove è altresì riportata la presenza di questa prima unità (A. Capparozzo, Inventario della Camera G, p. 249). Oltre all'antica segnatura G. 10.3.5 redatta a penna sulla camicia dell'unico fascicolo, compaiono ulteriori annotazioni di Capparozzo, unite a segni e a una successiva intestazione prodotta con lapis rosso. L'unità contiene 74 lettere, inviate da Pierfilippo Castelli al gesuita Jacopo Maria Paitoni, che abbracciano un arco cronologico che va da 1751 al 1769. La maggior parte delle stesse risultano autografe; si riporta, tuttavia, la presenza di otto missive (n. 3-10) di mano del bibliofilo vicentino Francesco Testa (1761-1846) che, come da lui riportato sulla carta n. 6r, si occupò di trascriverle nel luglio 1825, probabilmente per conto di Leonardo Trissino, da una copia autentica al tempo posseduta da Giannantonio Moschini (1773-1840), allora prefetto degli studi nel Seminario Patriarcale di Venezia. Le missive, rilegate al relativo fascicolo con ogni probabilità nella seconda metà dell'Ottocento, non seguono l'ordine cronologico a eccezione di quelle trascritte da Testa. In queste ultime, oltre al numero progressivo delle lettere in relazione all'intera unità (posto a matita all'inizio di ogni missiva sul margine laterale sinistro), apportato durante l'inventario redatto da Adele Scarpari presumibilmente negli anni ottanta del Novecento, compare un'ulteriore numerazione a penna di mano di Testa, che si occupò del loro precedente ordinamento. La numerazione delle carte, invece, redatta a matita nell'angolo superiore destro, è presente fino alla n. 71; in seguito si succedono in ordine inverso alla sequenza cronologica le carte riportanti l'indirizzo delle missive autografe di Castelli, che si collegano alle stesse grazie alla numerazione a matita eseguita sul verso e posta nell'angolo superiore sinistro. Le lettere sono indirizzate al Seminario Patriarcale di Venezia, dove Jacopo Maria Paitoni si stabilì dal 1740, a causa di gravi problemi di salute. Dopo la sua morte gran parte del suo epistolario confluì in quello di Giannantonio Moschini, oggi conservato al Civico Museo Correr di Venezia (cfr. V. Mandelli, Paitoni, Iacopo Maria, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 80, Roma 2014, pp 357, 358): è dunque possibile ritenere che la documentazione qui raccolta risultasse in origine parte integrante del fondo veneziano, successivamente smembrato. La corrispondenza raccoglie per la maggior parte notizie attinenti alla bibliografia di Castelli e Paitoni, senza trascurare le informazioni relative alla produzione artistica pensata per le edizioni più importanti: tra queste spicca l'incisione dell'effige del Trissino - forse Giangiorgio Trissino - commissionata da Paitoni al veneziano Francesco Zucchi (1692-1764), autore del noto ritratto di Palladio per il conte Giovanni Montenari. La seconda unità archivistica, invece, costituita da un manoscritto cartaceo di 94 carte, è opera del vicentino Vincenzo Gonzati (1774-1849), che non prima della trascrizione compiuta da Testa nel 1825, eseguì di sua mano una copia degli autografi di questa prima unità archivistica, all'epoca già presenti nelle collezioni di Leonardo Trissino. Gonzati si occupò, inoltre, di ordinare cronologicamente le missive indicando con una nota (c. 5r) i numeri corrispondenti alle lettere trascritte da Francesco Testa. Scrisse poi una breve bibliografia di Pierfilippo Castelli (cc. 2r-v e3r), unita all'albero genealogico del suo casato (c. 4r). Il manoscritto venne poi donato nel 1874 alla Biblioteca Bertoliana per opera di Lodovico Gonzati, suo figlio, come risulta dall'antica segnatura E. 1.6 riportata a penna sulla controcoperta anteriore, presente anche nell'inventario redatto nel 1878 da Andrea Capparozzo (A. Capparozzo, Manoscritti che si trovano nella Libreria di M. Lodovico Gonzati da aggiungersi a quelli della Bertoliana. Catalogo fatto nel 1878, p. 1). Venne censito presumibilmente negli anni ottanta del Novecento da Adele Scarpari, che si occupò di inserire a matita nell'angolo inferiore sinistro la numerazione delle carte. A Vincenzo Gonzati, invece, si attribuisce il numero progressivo delle lettere, eseguito a penna a caratteri romani e posto al principio di ogni missiva.