Soggetto produttore

Godi

L'esistenza della famiglia Godi è attestata nel vicentino sin dal XII secolo: secondo Giovanni Da Schio, infatti, nel 1182 l'imperatore Federico Barbarossa concesse ai suoi esponenti la dignità equestre. Anticamente detta "de Gudi", secondo il Tomasini la casata potrebbe essere originaria di Goito, in Lombardia, o di Godio, frazione di Udine, in Friuli-Venezia Giulia o ancora, sempre secondo il Da Schio, di San Pietro in Gù (da cui "de Gude"). Già nel 1500 era annoverata nel Collegio dei Cinquecento (nel 1510 aveva 10 posti) ed inoltre aggregata ai collegi di giudici e notai cittadini. Appartenenti all'aristocrazia tradizionale, i Godi perseguirono una politica di apertura verso i nuovi ceti cittadini e nel contempo coltivarono importanti rapporti di alleanza e soprattutto di parentela con le più illustri famiglie nobili vicentine (ad esempio Capra, Arnaldi, Porto, Valmarana, Verlato, Ferramosca, Fortezza, Pigafetta). Nel 1587 Marcantonio Godi aggiunse al proprio il cognome Pigafetta, dopo essere stato investito dal vescovo di Vicenza (serie "Istrumenti", Mazzo XCII, n. 4425) di un feudo in Brendola appartenuto ad Antonio Pigafetta di Camillo, morto senza eredi e di cui aveva sposato in prime nozze nel 1537 la vedova, Angela Revese. Dopo la caduta della Serenissima, il titolo nobiliare della casata fu confermato dalle autorità austriache con sovrana risoluzione del 4 giugno 1820. I Godi erano proprietari di molti beni immobili, dislocati in Vicenza (come il palazzo divenuto poi dei Nievo, in contrà Gazzolle, ora sede della Prefettura e dell'Amministrazione provinciale) e fuori città, soprattutto nelle zone di Longare, Barbarano Vicentino e Pedemonte. Tra le dimore di pregio di cui la famiglia fu committente si ricorda villa Godi Malinverni, costruita da Andrea Palladio tra il 1537 ed il 1542 per volontà dei fratelli Girolamo, Pietro e Marcantonio Godi, il cui interno venne affrescato da Giambattista Zelotti, Battista del Moro e Gualtiero Padovano. Avevano sepolcri nella chiesa di San Michele e in quella di Santa Maria delle Grazie. Ultimo in linea maschile della famiglia Godi fu il conte Massimiliano. Nel suo testamento, datato 14 luglio 1720 (serie "Istrumenti", Mazzo CLXII, n. 14874), nominò eredi universali: Elisabetta, figlia del fu conte Marzio suo fratello e moglie del conte Antonio Garzadori, altra Elisabetta, figlia del fu conte Orazio suo nipote e moglie del conte Girolamo Nievo, Violante, figlia sempre del defunto nipote Orazio e moglie di Alfonso Porto di Manfredo. Sarà quest'ultima, nel corso degli anni, a rimanere l'unica vivente. In caso di estinzione della linea dinastica maschile delle sue eredi, Massimiliano previde la sostituzione con quella femminile o, in mancanza di questa, con gli eredi legittimi di Atalanta Piovene, sua sorella. Chi avesse acquisito il patrimonio della famiglia Godi avrebbe inoltre dovuto aggiungerne il cognome al proprio, come spesso avveniva all'epoca, pena la decadenza dal titolo di erede. Il primo ad integrare al proprio cognome quello della famiglia Godi fu il marito di Violante, Alfonso Porto (appartenente al cosiddetto ramo "G" della famiglia, discendente da Leonardo di Simone), considerato il capostipite della casata dei Porto Godi Pigafetta. Quest'ultima si estinguerà in linea maschile nel 1800, alla morte di Girolamo, nipote di Alfonso e Violante. Ultima erede in linea femminile dei Godi sarà invece una sorella di Girolamo, Paolina, moglie di Giovanni Paolo Bissari. Con testamento del 20 marzo 1825, secondo le ultime volontà dell'avo Massimiliano Godi, designerà suoi eredi i discendenti di Atalanta Piovene, Francesco, Antonio, Tommaso e Orazio, che a propria volta modificheranno il proprio cognome in Piovene Porto Godi.

Archivio della famiglia Godi

1091/06/22 - ca. 1817 unità archivistiche 399