Soggetto produttore

Caldogno, Francesco

[1550] - 1608

Il nobile vicentino Francesco Caldogno, figlio di Giovan Battista, nacque nella seconda metà del sec. XVI e si addottorò in legge a Padova. Nell'agosto del 1608 successe allo zio Francesco, da poco scomparso e col quale è stato, a volte, confuso, nella carica di provveditore ai confini; nel 1621 gli fu assegnata una scorta di due armigeri da adoperare come guardia del corpo in qualunque luogo della Repubblica veneta e, in seguito, gli venne affidato il comando non solo della milizia dei Sette Comuni, ma anche delle cernide del Pedemonte e di parte del Bassanese. Aumentando via via lo stipendio annuo dagli iniziali 200 ducali sino a 600, militò al servizio della Serenissima sino al 1637 quando, ormai vecchio e infermo, gli subentrò Vincenzo Negri.
Fu merito precipuo di Caldogno l'essersi impegnato fino a fondo per l'istituzione della milizia confinaria nella zona dei Sette Comuni, cui la popolazione, nonostante la convenzione conclusa col capitano di Vicenza Vincenzo Pisani grazie all'opera mediatrice di suo zio, continuava a riluttare, a ciò spinta anche da qualche avvocato interessato a lucrare da protratti litigi. Caldogno convinse i rettori di Vicenza e le stesse autorità di Venezia a una linea di condotta volta alla persuasione, non all'imposizione. E cominciò a cogliere i primi successi: già nel 1609 località minori come Canove e Pediscala lo vollero loro patrono dichiarandosi pronte a sottoporsi alla disciplina che la milizia comportava. L'esempio fu contagioso anche per Tonezza e Laste Basse che aderirono l'anno dopo. Tutt'altro che facile, invece, convincere uno per uno i Sette Comuni, ai Consigli dei quali Caldogno cercò di presenziare: il capitano di Vicenza Marcantonio Barbarigo elogia, in una lettera al Senato del 19 agosto 1610, il suo incessante "cavalcare in quei luoghi difficilissimi", incurante dei disagi e della "stagione ardente". Tanta costanza venne premiata, anche se non immediatamente: nel 1614 alcune famiglie di Asiago si obbligarono a fornire 100 volontari all'esercizio delle armi; mentre nel 1620 i Sette Comuni si persuasero finalmente dell'utilità della milizia. [...] Nel maggio del 1626, quando ormai la milizia raggiunge i 1500 uomini (che diventeranno 1780 in occasione della seconda guerra di successione del Monferrato), inquadrati da cinque sergenti scelti tra la gente del luogo cui è stato conferito un incarico triennale, il Senato istituisce una stabile soprintendenza e la assegna al Caldogno. Del Caldogno vanno ancora ricordati: il rigido controllo sulle merci e persone perché non ne proverussero, nel 1611, da Trento ove s'era verificato qualche caso di peste; l'abbattimento di mura erette dal capitano di Covalo ad appropriazione indebita di terreni di sudditi veneti, che gli valse, da parte del Senato, la nomina, il 10 dicembre 1611, a cavaliere e il dono d'una collana d'oro con l'immagine di S. Marco.
Delle lettere del Caldogno al Senato, depositate oggi alla Biblioteca civica Bertoliana (Fondo Epistolari, E. 16) e all'Archivio di Stato di Venezia, presentano un qualche interesse quelle sull'andamento della peste in altopiano (novembre 1630), che aveva colpito Roana. Inoltre vi sono rilevabili dei cenni sulle condizioni di vita degli abitanti: a Tonezza, a esempio, si nutrivano "quasi tutto il tempo dell'anno di polenta et aqua". Caldogno fu, infine, anche uomo di cultura: cultore di Livio, ne avrebbe pubblicato le sentenze in un libretto, oggi smarrito. Scrisse poi un trattatello dedicato alla figura politica di Catone (Catone il politico) e degli Opuscoli filologici (1630), anch'essi perduti, per il maestro lucchese Giuseppe Lorenziche, giunto a Vicenza, molto probabilmente, proprio grazie al provveditore vicentino.
Parte del testo è tratto da: G. Benzoni, Caldogno, Francesco, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 16, Roma 1973, pp. 630, 631

Epistolario Francesco Caldogno

1602 dic. 11 - 1631 gen. 04 unità archivistiche 2