Soggetto produttore

Thiene

Il primo esponente della famiglia di cui si ha notizia certa è Vincenzo del fu Tealdino, originario di Arsiero, ma attivo negli ultimi decenni del XIII secolo in Thiene. Operava come piccolo prestatore di denaro alle popolazioni locali, per somme che risultavano essere un anticipo sulla vendita di prodotti agricoli. Il suo giro d'affari crebbe rapidamente, tanto che in breve tempo acquistò le prime proprietà fondiarie nelle località di Thiene, Carrè e Zanè. I suoi figli, Uguccione, Miglioranza e Marco, dal 1307 furono presenti a Vicenza – dove dal 1329 possiederanno una casa "in contrata Mastellariorum" - anche se all'epoca gran parte dei loro interessi economici gravitava ancora in Thiene e nel circondario. Legatasi politicamente agli Scaligeri, la famiglia deriverà da tale sodalizio grandi fortune. A partire dal 1314 essa risulta presente nei consigli cittadini, mentre nel 1331 Miglioranza Thiene figura come procuratore del comune di Vicenza per la stipula della lega di Castelbaldo fra gli Scaligeri e altri signori del nord Italia contro Giovanni di Boemia. Con gli anni Trenta del XIV secolo il casato ottenne l'investitura per decime a Monticello Conte Otto (1335) e Poiana di Granfion (1339), quindi le giurisdizioni vicariali nella zona di Camisano. Dai figli di Miglioranza, Simone e Clemente, si originarono i due grandi e principali colonnelli - che nei secoli successivi si articolarono in ulteriori rami - della famiglia, detti rispettivamente del Cane e dell'Aquila. I Thiene del Cane vennero qualificandosi in relazione agli stretti legami intrattenuti con i Della Scala di Verona, che concessero loro di fregiarsi, nello stemma familiare, del simbolo del cane. Nel Quattrocento, invece, ad altri esponenti del casato Federico III concesse di inserire l'aquila imperiale, da cui la qualifica di Thiene dell'Aquila. Tali privilegi vennero in seguito confermati nel 1566 da Massimiliano II e nel 1577 da Rodolfo II. Nello stesso periodo, nel ramo del Cane si evidenziarono le linee dei Thiene che furono conti di Cicogna in virtù dei possedimenti omonimi nel Padovano e quelli identificati come "di Francia" per il matrimonio seguito tra Nicolò di Alvise e Giovanna di Villars, della linea naturale di casa Savoia. Al colonnello del Cane appartenne anche san Gaetano Thiene, nato nel 1480 e canonizzato nel 1671. Dopo la laurea in diritto a Padova egli fu, nel 1516, ordinato sacerdote. A Roma, dove era stato scrittore nella curia papale, nel 1524 costituì con altri sacerdoti la Congregazione dei chierici regolari, poi detta dei Teatini. Nella proprietà di famiglia a Rampazzo (Camisano Vicentino), dove da giovane si era ritirato, il fratello Battista fece edificare una cappella, poi ampliata nel XVIII secolo. Altri possedimenti di famiglia si trovavano nella medesima zona in località Vanzo, così come a Lisiera, Poiana di Granfion, Villafranca Padovana e Vicenza. Intorno alla fine del Seicento il ramo familiare venne chiamato anche "dei Thiene Franceschini" in virtù della cospicua eredità di Ettore Thiene, toccata a Maurizia Franceschini di Giovanni per aver sposato, secondo i desideri dello stesso Ettore, un esponente di casa Thiene, Michele di Vincenzo. Nei primi decenni dell'Ottocento, la discendenza del Cane si estinse. Sue ultime rappresentanti furono le sorelle Maurizia ed Elisabetta, figlie di Ferdinando Gaetano e di Flaminia Thiene di Leonardo (appartenente al colonnello dell'Aquila). La prima sposò Marco Cittadella, mentre Elisabetta fu moglie di Giovanni III Leoni Montanari, ultimo maschio della ricca famiglia vicentina. Sopravvissuta alla sorella e al marito, morto nel 1808, ricevette da lui in legato mobilio, arredi, suppellettili e gioielli presenti in tutte le proprietà dei Leoni Montanari, unitamente ad alcune rendite, nonché l'usufrutto su tutta la sua sua facoltà residua. In essa vi era ricompreso anche l'odierno Palazzo Leoni Montanari, dimora della famiglia in città, poi passato ad Ottavia Negri e a suo figlio, Girolamo Egidio Velo. Del proprio patrimonio personale Elisabetta lasciò erede, con l'ultimo testamento del 1831, un certo Matteo Perozzi. Quanto alla discendenza dell'Aquila, tra i figli di Clemente e di Caterina Porto si distinse in particolare Giacomo che – intrapresa la carriera militare – fu tra l'altro inviato a Venezia nel 1404 per trattare la dedizione della città di Vicenza alla Serenissima. Ebbe come figli Clemente, Marco, Antonio e Giovanni, che diedero origine a quattro distinte discendenze del casato. A quella di Clemente appartenne Giacomo di Giovanni, marito di quella Maddalena Valmarana che nel 1530 fondò a Vicenza il monastero delle convertite. In precedenza, una delle stesse figlie di Clemente, Domitilla, aveva invece fondato il monastero di San Silvestro. Nata nel 1472, si era ritirata nel convento di San Pietro, dove aveva pronunciato la solenne professione di fede. In seguito si era trasferita con altre consorelle a San Silvestro, dando origine alla sede benedettina di cui fu anche badessa. La discendenza di Marco e di Belvera Porto, è invece nota per la committenza palladiana di Palazzo Thiene, oggi sede della Banca popolare di Vicenza. La realizzazione di una grande dimora nell'area in cui la famiglia già possedeva diverse fabbriche fu voluta dai figli di Giangaleazzo Thiene, Adriano e Marcantonio, intorno al 1542. Entrambi morirono tuttavia poco dopo l'inizio dei lavori, che furono allora proseguiti da Ottavio di Marcantonio. Egli aveva tuttavia abbracciato la carriera militare e ben presto riprese la sua professione al servizio di vari signori in Piemonte, in Francia e a Siena. Dopo il suo matrimonio con Laura Boiardo, erede del feudo di Scandiano, si stabilì nel territorio emiliano e diradò ulteriormente la sua presenza a Vicenza, determinando di fatto l'interruzione dell'opera. In virtù dei fedecommessi istituiti dal suo avo Marco, e che egli ritenne di confermare nel proprio testamento, nominò erede il figlio Giulio, e quindi il nipote Ottavio, ultimo maschio della discendenza. Alla morte di quest'ultimo, nel 1633, il territorio di Scandiano passò agli Estensi, mentre i beni di Vicenza, dopo lunghe vertenze giudiziarie, furono assegnati al ramo dei Thiene discendente da Antonio di Giacomo. Questa terza linea originatasi nell'ambito dei Thiene dell'Aquila, fu attiva fino ai primi decenni dell'Ottocento. Oltre ad estese proprietà nel Vicentino, dalla seconda metà del Settecento vantò possedimenti anche nel Ferrarese, in virtù dell'eredità Villa. Ad inizio secolo, infatti, Francesco di Prospero aveva sposato Camilla Villa, erede dell'omonima famiglia emiliana. Il loro nipote Francesco fu l'ultimo discendente maschio del casato. Sposato con Claudia Ponzoni, ebbe quattro figlie femmine, Olimpia, Camilla, Beatrice e Maddalena mogli rispettivamente di Annibale Gabrieli, Girolamo Greco, Andrea Braghetta e Pietro Vecchia. Alla morte del padre, nel 1828, ne ereditarono la sostanza, mentre alla madre toccò l'usufrutto su metà del patrimonio e in legato la residenza di famiglia affacciata su corso Palladio, nei pressi di Palazzo Thiene a Porta Castello. Quest'ultimo apparteneva all'ultima discendenza dei Thiene dell'Aquila, quella di Giovanni. Dal figlio di questi, Leonardo, e da Angela Gualdo ebbero origine altre due linee con capostipiti i fratelli Francesco e Lodovico. La prima venne qualificandosi come quella dei Thiene di Porta Castello, in relazione alle proprietà ubicate nella zona. Nell'Estimo del 1563-1564, infatti, Orazio e Francesco Thiene risultano possedervi alcune case, sulle quali in seguito faranno costruire il loro palazzo cittadino, l'odierno Palazzo Thiene Bonin Longare. L'opera venne avviata, su progetto palladiano, da Vincenzo Scamozzi negli ultimi decenni del Cinquecento, ed ultimata all'inizio del secolo successivo. Proprio Orazio nel 1562 aveva presentato al Comune la richiesta di acquistare una porzione di terreno adiacente alle case di Porta Castello, al fine di poterle restaurare. Uomo politico di rilievo, console, deputato e quindi vicario di Schio, avrà nel nipote Francesco il promotore della costruzione. Questi, dopo aver dato corso al progetto di una elegante dimora familiare in città, istituì sui suoi beni, che comprendevano tra l'altro proprietà fondiarie a Lisiera, Zanè, Garziera e Monticello Conte Otto, una primogenitura in linea maschile, che i suoi discendenti saranno chiamati a mantenere. Stretti furono i rapporti che essi mantennero con l'altra discendenza di Giovanni, avente capostipite Lodovico, rapporti che in alcuni casi furono suggellati dal matrimonio tra esponenti delle due linee genealogiche. Lo stesso ultimo esponente dei Thiene di Porta Castello, Annibale, celibe e senza figli, nel suo testamento del 1830 nominò eredi universali i fratelli Antonio ed Ercole Thiene, discendenti da Lodovico. Ciò determinò la concentrazione, nell'ultimo ramo esistente della famiglia (la discendenza di Antonio si era estinta nel 1828, i Thiene del Cane nel 1831) del patrimonio da secoli appartenente al casato, evitandone la frammentazione e la dispersione. Ad essere ceduto fu però il palazzo di Porta Castello, che nel 1835 fu acquistato da Lelio Bonin Longare. Nello stesso periodo alla famiglia pervenne un'altra eredità, quella di Isabella (o Elisabetta) Bonomo, moglie di Alessandro Muzani e in seconde nozze di Leonardo Thiene di Antonio, magistrato civile del Regno d'Italia napoleonico, prefetto dell'Adige e dal 1809 senatore. La nobildonna, dama di palazzo del Regno d'Italia, che aveva a propria volta acquisito anche i beni di un ramo dei Pagello cui era legata per via materna, al momento di redigere le sue ultime volontà, nel 1820, nominò suo erede universale Girolamo Thiene. Anche la discendenza di Ercole, cui era nel frattempo toccata la proprietà del palazzo a Santo Stefano, andò nel corso del secolo estinguendosi. Giangiacomo, suo figlio, premorì al padre, che si assunse quindi la tutela delle nipoti Elena e Giulia e si fece carico di amministrare il patrimonio dell'intera famiglia. Alla sua morte, avvenuta nel 1870, le eredi, mogli rispettivamente di Giangiorgio Trissino dal Vello d'oro e Arialdo Radicati di Brozolo, cedettero il palazzo di famiglia , all'epoca in grave decadenza e in gran parte affittato a privati, al Comizio agrario, al Club alpino, alla Croce rossa. Dal 1872 esso divenne sede della Banca popolare di Vicenza. Ancor oggi vivente è invece la linea di Antonio, sposato in seconde nozze con Teresa Colleoni Porto, i cui discendenti sono oggi i proprietari dell'omonimo castello a Thiene.

Archivio della famiglia Thiene dell'Aquila (discendenza di Antonio)

1217 - XIX prima metà unità archivistiche 82