Soggetto produttore

Velo

La famiglia «dei castellani di Velo» ha origini remotissime. Il Pagliarini, nelle sue «Croniche», narra di un Viviano Velo quondam Tommaso che nel 1184 avrebbe fatto restaurare alcune case e il castello di proprietà della famiglia in territorio di Velo (oggi Velo d'Astico). I suoi figli Ulderico e Rodolfo risultano proprietari d beni in Caltrano, Magrè e Zanè. I Velo compaiono nel registro delle famiglie potenti della Marca trevisana che Ezzelino da Romano fece compilare nel 1213 mentre era podestà di Vicenza. Nel 1230 il castello dei Velo viene diviso tra Ulderico e Gerardo e solo la difesa della torre rimase in comunione. I possessori di questo castello furono investiti di feudi e giurisdizioni da imperatori e vescovi. Documenti forensi attesterebbero che la famiglia Velo aveva giurisdizione feudale e possedimenti e tenute pressoché in tutta la valle dell'Astico, nei Sette Comuni, Piovene, Santorso, Schio, sino ai confini delle terre tirolesi, fin da prima del 1222. A partire dal secolo XIII costante fu inoltre l'impegno di esponenti della famiglia nell'amministrazione della città di Vicenza, ove ricoprirono le cariche di sindaco e di procuratore, e non mancarono tra i Velo neppure dottori in legge, notai, cavalieri e canonici preclari. Nel 1292 Albertino Velo era priore dei cavalieri Gaudenti e nel 1303 è attestato un frate Giovanni di Velo dei Predicatori che fu filosofo, teologo e inquisitore. I Dalla Scala investirono i Velo dei beni dell'antica famiglia Brugnola, estintasi intorno alla metà del secolo XIII. Nel 1288 la comunità di Folgaria giurò fedeltà a Ullderico e Fredolfo di Velo investendoli di feudi, terre e pascoli. Il feudo vescovile con investitura 9 luglio 1315 venniva confermato e ripartito per sette parti a Gherardino fu Albertino e consorti e per l'ottava a Gabriele fu Castellano della linea di Ulderico. Antecedentemente questo feudo era posseduto dai Brugnola: ricaduto per rinuncia e fisco nella Camera imperiale, passò quindi a Gherardo e Gabriele Velo. Nel 1388 gli uomini delle comunità di Covolo, Lastego, Lavarone e Brancasore fecero atto di sottomissione a Bonzilio Velo quondam Antonio, capitano e guardiano delle montagne per la comunità di Vicenza, il quale nel 1391 fu investito dal visconte Conte di Virtù, vicario imperiale, della metà del feudo di Arsiero, mentre l'altra metà passava a Centurione quondam Domenico e nipoti della linea di Gerardo quondam Albertino. L'investitura del comune di Arsiero fu confermata dai dogi di Venezia con ducali del 1406, 1633, 1661, 1688, 1747 e 1767. Con il XVI secolo vennero delineandosi i tre principali rami familiari, discendenti da Basilio di Antonio. Il figlio Bernardo diede origine alla linea che nel secolo successivo venne denominata "di contrà Carpagnon" - cui l'archivio conservato in Bertoliana afferisce - in relazione alla proprietà di un palazzo nell'omonima via cittadina. Da un altro figlio, Giacomo, ebbero invece origine il ramo detto "dei contadini" e quello noto come di "contrà Lodi", anche in questo caso in relazione all'ubicazione della residenza familiare. Capostipite del primo fu Vincenzo, che lasciò erede della sua sostanza il figlio naturale Francesco (da cui forse l'appellativo di contadini che ebbero i suoi discendenti). Primo esponente del secondo fu invece Basilio (sempre figlio di Giacomo). Protagonisti della vita cittadina, ebbero in particolare nell'ultimo discendente maschio, Girolamo Egidio (1792-1831) un esponente di grande rilievo. Era figlio di Girolamo Giuseppe e di Ottavia Negri, ultima discendente del suo casato (cfr. scheda produttore relativa). Dopo gli studi compiuti al Collegio dei gesuiti di Parma prima e in quello di Santa Caterina a Venezia poi, viaggiò in Francia, Austria, Inghilterra, Germania, nonchè in varie località italiane. Soggiornò spesso a Roma, dove si dedicò agli scavi archeologici alle Terme di Caracalla, per i quali nutriva un forte interesse. Alternava i suoi spostamenti a periodici soggiorni a Vicenza e nelle proprietà di famiglia sparse nel territorio, dove non mancava di occuparsi personalmente della coltivazione delle campagne e dell'allevamento del bestiame. Ad essi affiancava numerosi interessi culturali (fu tra l'altro promotore dell'edizione della Storia di Vicenza di Silvestro Castellini nel 1829) e la loro promozione. Di lunga data furono i rapporti di amicizia, suggellati la lunghi scambi epistolari, che intrattenne con personaggi come Ugo Foscolo e Gino Capponi. Come ultimo discendente della famiglia Velo, nella sua persona si accumularono le sostanze del casato paterno e di quello materno. Le prime comprendevano i beni dei Velo di contrà Carpagnon e parte della sostanza di Nicolò Fracanzani del cosiddetto ramo "F" della famiglia, pervenuto per volontà dello stesso Nicolò a Girolamo Giuseppe Velo nel 1820; le seconde erano invece rappresentate dai patrimoni dei Negri e Leoni Montanari (la nonna era infatti Laura Leoni Montanari di Giovanni II). Con la sua prematura morte nel 1831 esse vennero, secondo le sue disposizioni testamentarie, frazionate tra i «quattro più giovani Veli del ramo dei contadini (...) che dovranno essere educati in collegi militari, o di marina, e servire nell'una e nell'altra arma». Alla sua città lasciava la libreria, le raccolte d'arte e di antichità (concesse in usufrutto alla sorella Isabella, moglie di Giulio Scroffa) e una somma da destinarsi all'edificazione di un monumento a Palladio nel Cimitero monumentale vicentino.

Negri

Nel suo "Theatro genealogico", il Tommasini, dando seguito a un'ipotesi già avanzata dal Pagliarini, sostiene che la famiglia Negri ebbe origini germaniche. Mancano in realtà notizie certe sui fondatori della casata e convenzionalmente il capostiite è stato individuato in Guidone Negri (sec. XIV). Sposato con Giovanna Zigliotti, Guidone ebbe due figli, Antonia, sposata con Orlando Cogollo (e da cui discenderebbe la famiglia Cogollo di Vicenza), e Zennaro, i cui discendenti risultano essere produttori delle carte conservate in Bertoliana. Costui ebbe due figli, Antonia e Zannino, che nel 1409 fu privilegiato della cittadinanza vicentina dal doge Michiel Steno. I primi possedimenti terrieri della famiglia furono sui Colli berici, nei pressi di Perarolo; solo successivamente essa si trasferì in città: è del 1608 il contratto di acquisto del palazzo di fronte alla odierna chiesa di Santo Stefano concluso tra Vincenzo Negri (acquirente) e Massimiliano Porto (venditore). La famiglia annovera tra i suoi esponenti numerosi dottori in legge e famosi giureconsulti. Basti citare Nicola (+1573), eccellente oratore e autore di trattati, nonché ambasciatore in più occasioni per la Repubblica di Venezia, o ancora Vincenzo (n. 1637), iusperito, cavaliere, consultore in materia di confini per la Serenisima, avvocato fiscale della città di Vicenza, soprintendente delle cernide dei territori di confine dei Sette Comuni e del canale di Brenta, il quale fu insignito del titolo di conte nel 1653 dal doge Francesco Molin e, in considerazione dei suoi più che ventennali meriti di servizio, ebbe il privilegio di inquartare il suo stemma col leone di San Marco. Disponevano di estese proprietà fondiarie, tra le quali spiccava quella denominata "la Latina" in località Bertesina – appena fuori città - dove i fratelli Vincenzo e Gaetano di Marco fecero edificare nel 1709 una signorile dimora. Nella seconda metà del '700, i Negri erano una delle famiglie nobili "illuminate" di Vicenza. Mantenevano rapporti con intellettuali italiani ed europei del tempo, tramite le numerose accademie fiorite in quell'epoca. Agostino, ad esempio, fu presidente dell'Accademia agricola, Marco Egidio pubblicò un nuovo metodo per trattare il riso e Ottavia, sua figlia, fu autrice della "Cronaca vicentina" nella quale narrò i principali fatti accaduti a Vicenza tra il 25 aprile 1797 e il 2 marzo 1814, nel turbolento periodo che vide la caduta della Serenissima, l'arrivo delle truppe napoleoniche e l'instaurarsi della dominazione austriaca. Ottavia Negri (1764-1814) era figlia di Marco Egidio e Laura Leoni Montanari, entrambi esponenti di due tra le famiglie più ricche e distinte della nobiltà vicentina. Aveva studiato a Verona, nel collegio di San Bartolomeo, fino al 1781. Unica erede del copioso patrimonio di famiglia, sposò intorno al 1790 il conte Girolamo Egidio Velo da cui ebbe due figli, Girolamo Egidio e Isabella (andata poi in moglie a Giulio Scroffa). Dopo la morte dello zio materno Giovanni III, nel 1808 ereditò il patrimonio dei Leoni Montanari, riunito poi, unitamente alla sostanza dei Negri e a quella del marito, nel proprio figlio Girolamo Egidio (si veda anche scheda soggetto produttore della famiglia Velo) e da questi agli eredi del ramo collaterale Velo detto "dei contadini".

Leoni Montanari

Antonio di Giampietro Montanari, primo esponente di cui sia pervenuta notizia, era un modesto tessitore di panni originario di Villabalzana, piccolo centro sui colli Berici. Intorno alla metà del XVI secolo si trasferì a Vicenza, per esercitarvi la propria attività. Vero artefice delle fortune familiari fu suo figlio Bernardino, che non solo allargò la rete dei contatti commerciali – sono infatti documentati suoi rapporti con mercanti di Verona, Venezia, Udine, Bormio - ma riuscì anche ad accumulare un consistente patrimonio. Grazie a queste fortune, acquistò due case nella zona di Santa Corona, dove trovarono sede sia la sua abitazione, sia i locali di lavoro con i filatoi. A questo primo nucleo residenziale dei Montanari in città furono presto affiancati altri acquisti, sempre nella medesima area urbana. Gran parte delle ricchezze e un’attività ben avviata passarono poi per sua volontà al nipote Giovanni. Questi era nato dal matrimonio di una delle figlie di Bernardino, Bernardina, con Nicolò Leoni, anch’egli esponente di una ricca famiglia mercantile, che aveva avuto con i Montanari anche rapporti commerciali. In onore del nonno, Giovanni adottò accanto al proprio cognome, Leoni, quello materno, Montanari, dando avvio alla nuova dinastia. Nell’area di Santa Corona, in città, volle inoltre far costruire un sontuoso palazzo, l’odierno palazzo Leoni Montanari, quale manifestazione pubblica della ricchezza accumulata. Ostentazione della ricchezza, abbandono della professione "meccanica", accanto ad una rete di alleanze matrimoniali, consentirono alla famiglia di essere ammessa alla nobiltà cittadina nel 1687. Pochi anni dopo, nel 1693, fu acquistato dal re di Polonia, Giovanni III, il titolo di conti di Ladizin, poi riconosciuto dalla Repubblica di Venezia. Il secolo XVIII fu caratterizzato, per i Leoni Montanari, dalla difficoltà di assicurare una discendenza alla famiglia, segnata dalla precoce scomparsa degli eredi maschi. Nel 1808 si spense Giovanni III, ultimo del casato in linea maschile, cui sarebbe spettata - in virtù della primogenitura stabilita dal suo avo Giovanni I - l'intera facoltà del casato. Essa venne quindi assegnata alla nipote Ottavia Negri, nata dal matrimonio della sorella Laura con Egidio Negri nonchè moglie di Girolamo Giuseppe Velo, e quindi al figlio Girolamo Egidio Velo.

Archivio della famiglia Velo, Negri, Leoni Montanari

XI - XIX unità archivistiche 663