Soggetto produttore

Marzari Pencati, Giuseppe

1779 lug. 22 - 1836 giu. 30

Nato a Vicenza il 22 luglio 1779, dal conte Francesco Antonio e da Margherita Teresa dei conti Zorzi, ebbe una sorella minore, Camilla. La famiglia paterna, di origine siciliana, nel XII secolo si era stabilita a Valdagno e poi a Vicenza, ottenendo il titolo di nobiltà nel 1440 per servigi resi alla Serenissima. Nei secoli successivi aveva dato alla città interessanti figure di giureconsulti, ecclesiastici e letterati. Sull'infanzia e la prima giovinezza di Giuseppe si sa poco. Secondo un biografo, dal 1789 fu alunno del seminario di Padova, una fra le migliori scuole del Veneto, acquistandovi una solida formazione classica. Tornato dopo alcuni anni a Vicenza, seguì lezioni di fisica e storia naturale degli abati Alberto Pieropan e Giovanni Battista Trecco, membri della locale Accademia di agricoltura, sede di studi naturalistici che nella seconda metà del XVIII secolo avevano fatto di Vicenza uno dei principali centri scientifici del Veneto. All'interesse di Marzari per la ricerca naturalistica concorse il fatto che nella vicina Santorso la famiglia possedeva una villa, nella quale egli incontrò ricercatori quali Alberto Fortis, Girolamo Festari, Niccolo da Rio, Giambattista Brocchi e Alberto Parolini. La villa fu base per le sue esplorazioni sul monte Summano, apprezzato per la ricchezza floristica. Dal 1798 estese gradualmente le indagini botaniche all'intero territorio vicentino, dai colli Berici alle Prealpi; poté così pubblicare un Elenco delle piante spontanee osservate nel territorio di Vicenza (Milano 1802), bene accolto da naturalisti come Pietro Arduino e Giuseppe Antonio Bonato. Oltre a descrivere la flora locale secondo la nomenclatura linneana, integrata da quella di Jean-Baptiste de Lamarck, Giuseppe svolse interessanti considerazioni biogeografiche e climatiche ispirate alla Flore françoise (Paris 1778) dello stesso Lamarck, soffermandosi sul valore terapeutico ed economico di certe specie. Nell'interesse per le applicazioni utili rientrarono le ricerche avviate nel 1801 sulla commestibilità di alcune piante, sfociate nella proposta di raccogliere e coltivare il lichene come integratore della dieta delle popolazioni della montagna veneta esposte alla carestia. Una Memoria sull'introduzione del lichene islandese come alimento in Italia, frutto di tali studi, apparve solo nel 1815 a Venezia. Morto il padre (1801), si recò a Parigi per ampliare le proprie conoscenze a contatto con i massimi naturalisti del tempo. Dalla primavera del 1802 fu assiduo alle lezioni nell'Athénée e nel Muséum national d'histoire naturelle. Seguì corsi di mineralogia, geologia, chimica, zoologia degli invertebrati. Suoi appunti di un corso di paleontologia e anatomia comparata di Georges Cuvier (Corso di geologia all'Ateneo nel 1805) testimoniano l'opposizione di Cuvier al trasformismo di Lamarck. La stima per Marzari dei savants parigini - che ne apprezzarono l'acume e il talento per l'osservazione - gli fece incontrare personalità come Alexander von Humboldt, Antoine-Laurent de Jussieu, Leopold von Buch, Jean Claude Delamétherie, Louis Cordier. L'entusiasmo per la geologia non gli impedì tuttavia di svolgere ricerche originali e significative in botanica. Ebbe accesso al Jardin des plantes e al giardino botanico di Joséphine Beauharnais, moglie di Napoleone Bonaparte; vi studiò il sonno delle piante, cui dedicò una memoria corredata da numerose incisioni di Angelo Garbizza e François Noël Sellier, rimasta inedita (pubblicò solo una Breve notizia intorno l'orto botanico di madame Bonaparte, in Giornale dell'italiana letteratura, s.1, 1803, vol. 5, pp. 180 s.). Una Memoria sulla vegetazione comparata delle montagne, scritta a Parigi nel gennaio 1805 sul tema humboldtiano della fitogeografia, si conserva, come la precedente, presso la Biblioteca civica Bertoliana di Vicenza. Nel 1804 visitò i vulcani sottomarini del Puy de Dome da Montedoro fino a Pont Gibaud e i terreni dell'alta Loira, e insime a Hassenfratz fece parte di una commissione governativa per compilare la descrizione mineralogica di Moutiers della Tarantasia presso il Monte Bianco. Tornando in Italia (settembre-ottobre 1805), Marzari compì altre osservazioni geologiche sulle controverse formazioni basaltiche colonnari. Incaricato da Cordier e Jean Henri Hassenfratz di rilevare mappa e profili del monte Coiron, aggiunse osservazioni e disegni su altre località della Provenza e della Liguria (Corsa pel bacino del Rodano e per la Liguria d'Occidente, Vicenza 1806). Rientrato a Vicenza, accompagnò Barthélemie Faujas de Saint-Fond, suo ospite fino al febbraio 1806, nelle località classiche della geologia del Vicentino, cercando conferme dell'origine ignea delle rocce cristalline, enunciata da Giovanni Arduino fin dal 1760. Le competenze acquisite in Francia e la stima di personalità della Milano napoleonica, come Pietro Custodi e Pietro Moscati, lo fecero coinvolgere nelle iniziative di prospezione mineraria che, dal 1808, avrebbero fatto capo al neocostituito Consiglio delle miniere. Nel 1807 fu tra gli incaricati dal viceré Eugène Beauharnais della statistica mineralogica del Regno Italico: tra 1808 e 1809 completò quella dei dipartimenti del Brenta e del Bacchiglione; tra 1810 e 1811 quella del Serio. Le relative serie litologiche, provviste di catalogo, cartografia, sezioni stratigrafiche e descrizione degli esemplari, inviate ai gabinetti scientifici del Consiglio delle miniere e delle Università del Regno (Pavia, Bologna, Padova), risultano disperse. Per le esigenze della prospezione mineralogica nel 1808 ideò un nuovo strumento geodetico, il tachigonimetro, che consentiva di calcolare e registrare visivamente gli elementi metrici di una geomorfologia. Realizzato a Bergamo nella primavera del 1810 con l'aiuto di docenti e artigiani locali, lo strumento fu insignito l'anno seguente di una medaglia d'oro dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, e l'autore ne pubblicò una descrizione (Descrizione del tachigonimetro, nuovo stromento geodetico, Milano 1811). Nuovi obblighi di ispettore delle miniere (1812) non posero fine ai suoi studi sulla geologia vicentina, e in particolare sulla stratigrafia degli Euganei (1813); durante le prospezioni mineralogiche nelle Dolomiti orientali (Valle dell'Adige, Val d'Astico, Vallarsa, Valsugana) incontrò collezionisti trentini come il barone Vincenzo Ferdinando de Taxis e Francesco Facchini. La caduta del regime napoleonico e la soppressione del Consiglio delle miniere (1814) non interruppero le sue ricerche; continuò a viaggiare nelle Alpi fino al 1818, quando il governo lombardo-veneto lo nominò consigliere per gli Affari montani e ispettore generale delle miniere. La vita privata del Marzari, tornato a risiedere a Vicenza, fu apparentemente priva di avvenimenti significativi. Non si sposò e visse con la madre e la sorella, alle quali era molto legato. Tranne che nelle parentesi 1807-10 e 1812-14 visse delle rendite del patrimonio familiare; la nuova nomina nel 1818 gli portò una pensione di 1500 fiorini, ma non risulta se si trattò di concessione permanente. Testimonianze contemporanee alludono a bizzarrie nel modo di vestire e nel comportamento in società e a un carattere incline alla depressione; convinto delle proprie idee, mal tollerava il dissenso ed entrò in contrasti che mantenne a lungo. Questo creò un'immagine di durezza, smentita da coloro che gli furono vicini, e alla quale poterono contribuire una salute poco stabile fin dalla gioventù e frequenti cefalee. A ciò corrispose una presenza nella rete delle accademie inferiore a quella ipotizzabile in base alla sua notorietà e attività (fuori Vicenza risulta solo l'associazione, nel 1805, alla Société de physique et d'histoire naturelle di Ginevra). Il nuovo incarico diede rinnovato impulso alle sue ricerche. Deciso a studiare la giacitura anomala dei porfidi atesini, osservata in Tirolo nel 1806 e di nuovo nel 1810, in tre lunghe escursioni nell'area dolomitica (settembre 1818 - novembre 1819) esaminò i dintorni di Predazzo, compiendo un'osservazione decisiva: contro quanto previsto dalle teorie di Werner, in località Canzoccoli il granito si presentava sovrapposto alle rocce calcaree stratificate. Questo fatto, se presente anche altrove, poteva provare che tale roccia non era esclusiva delle età più antiche ma poteva essersi generata anche dopo la sedimentazione marina che aveva dato origine ai calcari, minando così la sequenza stratigrafica werneriana e la teoria chimico-mineralogica su cui si fondava (genesi delle formazioni rocciose per cristallizzazione acquea). Marzari comunicò dapprima la scoperta solo a colleghi fidati, fra cui in particolare il già affermato Brocchi. Poi, però, temendo di vedere svanire la novità e il merito delle osservazioni, decise di pubblicarle. Nel novembre 1819 dette alle stampe a Vicenza la densa memoria Cenni geologici e litologici sulle provincie venete e sul Tirolo, cui seguì un complemento (Notizie sopra un granito in massa sovrapposto [sul fiume Avisio], in giacimento discordante, al calcare secondario, supplemento al Nuovo Osservatore veneziano, 1820, nn. 118 e 127, pp. 1-6). Tali pubblicazioni, pur se brevi e incomplete, costituiscono uno dei principali contributi italiani alla geologia dell'Ottocento. Benché ignorate anche nelle più aggiornate storie della disciplina, ebbero un impatto rilevante, sebbene oscurate da circostanze varie, inclusa la scarsa chiarezza della scrittura, dovuta ad ampie e continue digressioni. Le clamorose novità annunciate nelle due memorie del 1819 e 1820 non ebbero la risonanza sperata dall'autore. Pertanto, nel gennaio 1821 l'amico Claro Giuseppe Malacarne pubblicò nella Biblioteca italiana una lunga lettera a I. Isimbardi, che presentava in forma chiara e sintetica i risultati principali ottenuti dal Marzari Pencati. Una traduzione francese di quest'ultima memoria nell'autorevole Journal de physique diede alle scoperte del Marzari la diffusione che meritavano. Fin verso il 1825 i principali periodici scientifici italiani ed esteri offrirono ampio risalto alla questione, con interventi dell'autore e dei critici, commenti redazionali e recensioni di opere concernenti il dibattito. Giuseppe Marzari intervenne ripetutamente per precisare le sue opinioni, ma in modo confuso e frammentario, senza aggiungere elementi nuovi a quanto sostenuto nel 1819-20. Numerosi e straordinariamente densi furono gli interventi di sostenitori e avversari, italiani e stranieri. Secondo un commentatore autorevole, Ferdinand von Richthofen, gli anni 1821-23 furono «tra i più ricchi di conseguenze per lo sviluppo della geologia». Marzari, fino al 1823, pubblicò nuove osservazioni a sostegno del «nuovo principio teorico» della «sovrapposizione d'una parte delle nostre rocce cristallizzate al calcare». In seguito, fino agli interventi polemici dei primi anni Trenta apparsi ne Il Poligrafo, cessò di fornire dati osservativi nuovi, preferendo cercare elementi congruenti con le sue scoperte in opere geologiche del passato. Questo atteggiamento di progressiva chiusura e recriminazione, attenuato dalla frequentazione nel Gabinetto di lettura di Vicenza e dall'amicizia di Pasini, lo accompagnò per il resto dei suoi giorni. Morì a Vicenza il 30 giugno 1836.

Epistolario Giuseppe Marzari Pencati

1778 - 1839 unità archivistiche 164