Soggetto produttore

Obizzi, Lucilla (degli)

n. 1749 ca.

Le informazioni che abbiamo su Lucilla marchesa degli Obizzi, nata contessa Sessi, sono scarne e basate essenzialmente su pochi racconti, che descrivono solo una minima parte della sua vita. Questi scritti hanno la peculiarità di essere fortemente intrecciati alle vicende degli Obizzi, importante famiglia di origine borgognona, le cui notizie sono invece più sicure e maggiormente documentate.
La loro presenza in Italia risale sin dal 1007 con il capostipite Obicio, capitano di ventura al seguito dell'imperatore Arrigo III, che si stabilì prima a Lucca, per poi spostare le sue discendenze in diverse città dell'Italia centro-settentrionale tra cui Ferrara e Padova. Alcuni testi ritengono che il fratello di Obicio, Frisco, fermatosi a Genova, diede origine alla famiglia Fieschi, importantissima nelle decisioni della città. Furono abili combattenti e accumularono ricchezze al servizio delle varie signorie, tra le quali gli Scaligeri di Verona, dimostrando il loro valore ianche nella battaglia di Lepanto contro i Turchi.
Nel nostro contesto assume particolare importanza il ramo padovano del casato, la cui fortuna si concretizzò in personaggi quali Roberto degli Obizzi, cavallerizzo maggiore di Ferdinando II de' Medici e per sua concessione primo marchese di Orciano (titolo che la famiglia mantenne fino alla soppressione dei feudi nel 1783), Pio Enea I Obizzi (m. 1589), condottiero della Repubblica di Venezia al quale è stata attribuita l'invenzione dell'obice e costruttore del Castello di Catajo, Pio Enea II degli Obizzi (1592 - 1674), promotore di teatro e librettista italiano del nascente melodramma seicentesco, e suocero di Lucilla. Il 21 gennaio 1629 sposò Lucrezia Dondi dall'Orologio (1612 - 1654). Dall'unione nacquero tre figli: Ippolita, Roberto e Ferdinando. Nel 1650 Attilio Pavanello, nobile non ricco di nascita ma divenuto poi benestante, prese confidenza con la coppia, attraverso l'amicizia con Roberto. Pio Enea gli diede accoglienza e, scoperto che il giovane aveva le sue stesse passioni, divenne il suo più caro amico e protettore. Lucrezia, mite per indole e accondiscendente alle volontà del marito, non trovò ostacoli nel fare amicizia con il nuovo ospite. Attilio aveva 23 anni, 17 meno di Lucrezia, ma ciò non gli impedì di innamorarsene perdutamente, di un amore malato, che il 15 novembre 1654 sfociò nel più noto caso di cronaca nera del Seicento padovano. Quella notte, nella camera da letto della nobildonna, egli cercò, prima con la persuasione, poi con la forza, di ottenere l'attenzione che tanto bramava, ma lo sdegno e la decisione con cui fu respinto, le minacce di Lucrezia di rivelare tutto al marito, le sue urla, che rischiavano di far accorrere la servitù, gli fecero perdere il controllo della situazione, tanto che arrivò ad infierire su di lei a rasoiate e, per ridurla al silenzio definitivamente, con un ultimo colpo, le recise la gola.
Il fatto, molto famoso fino ai primi anni del Novecento, diventò soggetto di opere letterarie nelle quali la giovane signora venne posta a eroina, venerabile esempio di rettitudine nello scempio della barbarie. La tradizione popolare inoltre la riconosce nella "Dama Azzurra", il fantasma del Castello di Catajo, dimora della famiglia degli Obizzi, che ancora oggi conserva la pietra bagnata dal suo sangue. Tra vendette, cospirazioni e intrighi di palazzo, la triste vicenda di Lucrezia sconvolse l'opinione pubblica del tempo e spinse la città di Padova nel 1661 a dedicarle un monumento funebre nel salone del Palazzo della Ragione.
L'assassino fu arrestato, interrogato e blandamente torturato, ma non confessò mai il delitto e grazie alle sue amicizie influenti ben presto fu libero. Per evitare la vendetta degli Obizzi, delusi e traditi dalla giustizia veneziana, Attilio si allontanò da Padova, per riapparirvi incautamente nel 1667, quando finalmente la famiglia ottenne l'aspettata rivalsa. La mattina del 12 febbraio, sulla strada che conduceva a Ponte Corvo, venne affrontato e trucidato da Ferdinando con l'aiuto di alcuni uomini fidati. Il figlio minore di Lucrezia, allora ventisettenne, passò dall'essere testimone diretto dell'omicidio della madre a ricercato e per questo fu successivamente bandito dal Consiglio dei Dieci, trovando però benevoli accoglienze alla corte austriaca. Pio Enea, inizialmente accusato di connivenza, fu imprigionato a Venezia e rilasciato in breve tempo, facilitando così l'archiviazione definitiva del caso.
E' da questo preciso momento che le cronache introducono nella storia Lucilla, supportate da una novella che persino Giovanni Da Schio cita nella sua nota raccolta (Le novelle del mio tempo: saggio di un favoletto, Venezia, tipografia di Giuseppe Grimaldo, 1861): Ferdinando, divenuto nel tempo uno stimato cavaliere della corte austriaca, stanco dell'esilio forzato imposto dalla Repubblica, decide di rompere i confini. Sulla strada del ritorno verso il Catajo, all'altezza di Sandrigo, ha un incidente e cade da cavallo. Viene prontamente soccorso da Lucilla (una giovane e bella ragazza, tornata alla casa paterna dopo la morte in povertà del marito, un vicentino del casato dei Nievo) e trasportato nella dimora dei conti Sessi, dove riceve protezione e ospitalità. Ben presto la pietà e la riconoscenza lasciarono spazio all'amore e Ferdinando, ormai rimesso e deciso a non suscitare preoccupazione per il suo status, decide di partire con la promessa di matrimonio non appena fosse stata ottenuta la grazia. Nel mentre giunge il servo del marchese, pure lui finito nel fossato come il suo padrone, ma fuggito per paura a Bassano. Costui, preso dalla polizia e condotto a Venezia, viene interrogato dai magistrati, i quali, conosciuto il caso, si affrettano a formulare la grazia, ufficialmente già concessa ma ritardata da lungaggini burocratiche. Il servo, spinto dalle notizie che circolavano sulla presenza di Ferdinando a casa Sessi e forte della comunicazione che il podestà di Vicenza ha ricevuto, si affretta a consegnare il documento a lungo richiesto, suscitando la gioia e la commozione di tutti i protagonisti della vicenda.
Le sorti di Ferdinando Obizzi, che sposò in prime nozze Teresa, contessa Palfi (altrimenti nota come Maria Magdalena Pálffy van Erdöd o in altre fonti Maria Magdalena Theresia, contessa di Pálffy o ancora Maria Maddalena Lichtenberg-Belasi) morta nel 1684, furono legate all'ammirazione che avevano di lui gli imperatori Leopoldo e Giuseppe. Sotto la corona del Sacro Romano Impero fu creato marchese, cameriere della chiave d'oro, consigliere di Stato e di guerra, maresciallo di campo, generale d'artiglieria e governatore di Vienna, che difese brillantemente dall'assedio dei turchi del 1683. Morì il 2 dicembre 1710, senza eredi in entrambe le unioni. Lucilla trascorse un'esistenza felice e avventurosa accanto al secondo marito. Fu prima dama d'onore di Amalia Guglielmina di Brunswick e Lüneburg (imperatrice del Sacro Romano Impero dal 1705 al 1711) e pare gradita a Maria Teresa d'Austria. Le sue disposizioni testamentarie e altri documenti di natura personale e giudiziaria sono oggi conservati in biblioteca Bertoliana nell'archivio della famiglia Sesso Ferramosca.

Carte Lucilla degli Obizzi

1689 - 1740 unità archivistiche 1