Soggetto produttore

Cabianca, Jacopo

1809 feb. 10 - 1878 gen. 28

Nacque il 10 febbraio 1809 da Antonio e da Lucia Pasetti a Vicenza, dove il padre, discendente da un'antica e ricca famiglia padovana, si era trasferito da qualche anno. Compì i suoi primi studi in collegio, sotto la guida dell'abate Gian Bartolomeo Benatello, che lo orientò verso la lettura dei classici e soprattutto di Petrarca e di Tasso. Il padre voleva indirizzarlo agli affari e all'amministrazione del patrimonio familiare, perciò nel 1830 lo mandò a studiare legge all'università di Padova, ancora sotto la tutela di Benatello. Qui Jacopo si avvicinò alle idee e alla letteratura romantica, Carrer anzitutto, ma anche Grossi, Berchet, Pellico, Manzoni: ne derivò alcuni temi che ritornano frequentemente nelle novelle in versi di questi anni ("La veglia delle nozze", Padova 1830, "Lucrezia degli Obizzi", Padova 1830, "Speronella Dalesmanina", Padova 1832).
Laureatosi in legge nel 1831 continuò a dedicarsi alla letteratura, contro i desideri del padre che non cesserà di rimproverargli di trascurare e dissipare il patrimonio. Dell'anno successivo sono due ballate che, pubblicate a Milano nel 1835, costituiscono il primo nucleo della raccolta "Ore di vita" (Milano 1837), cui si aggiungeranno via via altre liriche fino all'edizione definitiva del 1877. Nel 1836 pubblicò a Milano un poema in tre canti in ottave, il "Torquato Tasso"; continuò inoltre la produzione di novelle in versi con "La montagna di Santa Odilla" (Padova 1838), tratta da una leggenda alsaziana. Tentò anche il melodramma con "La sposa di Messina" (Venezia 1839), musicato da Nicola Vaccai ma fu un insuccesso.
A venticinque anni conobbe Andrea Maffei, letterato di gusti classicheggianti, ma aperto alla cultura europea e traduttore di vari poeti romantici: a lui si legò di salda amicizia e spesso ne accolse suggerimenti e consigli. Proprio assieme a Maffei intraprese nel 1839 un viaggio attraverso la Liguria e la Toscana, per ripercorrere l'itinerario compiuto, poco prima di morire, da Maria di Württemberg, la figlia scultrice di Luigi Filippo, sulla cui vicenda egli si accingeva a scrivere una cantica. Ancora nel 1840 scrisse un breve romanzo storico, "Giovanni Tonesio", che non poté pubblicare per il divieto della censura austriaca, resa sospettosa soprattutto dagli accenti patriottici che qua e là vi si incontrano. Nel 1843 Giuseppe Montanelli lo fece stampare a Bastia e lo introdusse in Toscana.
Nel 1843 sposò la baronessa Sofia Fioravanti Onesti; dal matrimonio nacquero tre figlie che educò al gusto della letteratura (una di esse, Lucia, scrisse dei versi) e delle arti figurative di cui anch'egli si interessò. Fu amico di Ippolito Nievo ed Aleardo Aleardi, di Francisco Hayez, di Pietro Selvatico. Scrisse lui stesso, come collaboratore del Caffè Pedrocchi, qualche articolo illustrativo di opere d'arte; e infine più di una volta nei suoi versi si soffermò a descrivere monumenti e affreschi. Frequentatore assieme ad altri letterati e patrioti la casa di Mariano Fogazzaro, padre del romanziere, durante la Prima guerra d'Indipendenza confermò la sua posizione di liberale moderato, aperto all'ideale patriottico e unitario, sebbene i suoi sentimenti avessero un'origine più letteraria che strettamente politica. Cacciati da Vicenza gli Austriaci (22 marzo 1848), egli fece parte del governo provvisorio e fu uno dei cittadini scelti per portare il saluto della città a Carlo Alberto. Al ritorno degli Austriaci (10 giugno 1848), lasciò per breve tempo Vicenza, rifugiandosi prima a Ferrara poi a Lugano, ospite del carbonaro Abbondo Chialiva. Tornato in patria, poté immergersi ancora nei suoi ozi letterari_ scrisse drammi in versi e riscrisse il "Torquato Tasso" in dodici canti. Il Municipio di Ferrara, cui Cabianca aveva dedicato il suo "Torquato Tasso", per dimostrargli gratitudine e soddisfazione, lo ascrisse nel 1858 al suo patriziato.
Egli era ormai uno dei letterati più noti della sua regione; oltre che con Maffei, era in relazione con vari letterati e uomini di cultura del suo tempo, come Giulio Carcano, Erminia Fuà, Arnaldo Fusinato, Giacomo Zanella, Gino Capponi, Carlo Tenca e, più tardi, Antonio Fogazzaro.
Su richiesta di Cesare Cantù collaborò all' "Illustrazione del Lombardo-Veneto" (1861), compilando, insieme a Fedele Lampertico, un sommario della storia di Vicenza. Negli anni che precedettero la liberazione del Veneto scrisse "Canzonette e barcarole" (Rovigo,1865) e diffuse alla spicciolata canti e ballate veneziane, di argomento storico e patriottico, che poi raccolse in un volume ("Venezia: canti e ballate", Venezia 1867). Intanto, oltre ai numerosi versi d'occasione che costellarono un po' tutta la sua vita, scriveva ancora novelle in versi e correggeva le "Ore di vita" (Milano, 1877), che restano la prova più tipica della sua produzione lirica. Jacopo Cabianca scrisse anche per il teatro: drammi in versi di argomento storico-patriottico (per le sue idee "Il Buon Angelo di Siena", Milano 1857, fu proibito dalla censura austriaca; per la stessa ragione più tardi, nel 1867, "Ausonia", rappresentata ma inedita, incontrò un effimero successo di pubblico), due commedie sentimentali, inoltre dei Proverbi in versi martelliani. Lasciò infine, incompiuto, un canto in versi sciolti pubblicato postumo col titolo di "Primo canto di un poema inedito su Venezia" (Padova 1879), dove con stile prosaico descrive un episodio di vita borghese sullo sfondo delle passioni risorgimentali. Si dedicò pure allo studio di sperimentazioni agricole e della progettazione di parchi (in questo ambito si ricorda la sua opera "Dei giardini e dell'orticoltura della Provincia di Vicenza") ma la sua fama è legata agli scritti di carattere letterario.
Dopo il 1866 visse quasi sempre a Vicenza o nella signorile villa di Longa di Schiavon. Ebbe dal Governo i titoli di Cavaliere dei Santi Maurizio e Lazzaro e di Commendatore della Corona d'Italia. Appartenne a varie Accademie letterarie; il 23 aprile 1865 fu eletto corrispondente del Regio Istituto Veneto e l'11 aprile 1875 promosso effettivo. Dal 1866 al 1870 fece parte del Consiglio Comunale della sua città; frequentò l'Accademia Olimpica e fu chiamato a pronunciare diversi discorsi di commemorazione. Negli ultimi anni di vita fu afflitto da una paralisi progressiva.
Morì a Longa la notte tra il 27 e il 28 gennaio 1878.

Carte Jacopo Cabianca

ca. 1832 - ca. 1876 unità archivistiche 48