Soggetto produttore

Barolini, Antonio

1910 mag. 29 - 1971 gen. 21

Nasce a Vicenza il 29 maggio 1910 da Giuseppe, ufficiale di marina, e Maria Lucia Albarello. Dal matrimonio dei genitori, celebrato nel 1904, nascono altre due figlie, Caterina, morta di tisi nel 1942, e Mariarcangela.
La prematura scomparsa del padre, deceduto nel 1920 a causa di una malattia conseguente alla sua partecipazione al primo conflitto mondiale, rafforza i suoi legami con la madre e le sorelle, e il suo senso di responsabilità nei confronti della famiglia.
Abbandonati gli studi, nel 1929 inizia a lavorare come impiegato presso la Banca Cattolica del Veneto, sotto la guida e l'affetto paterno di Torquato Fraccon.
Nel 1932 fa il suo esordio come poeta, a sue spese, con la raccolta "Cinque canti" (Vicenza, Cooperativa tipografica fascista degli operai, 1932), e pochi anni dopo pubblica la seconda raccolta "Statua ferma" (con prefazione di Elpidio Jenco, Genova, Emiliano Degli Orfini, 1934).
Nel 1931 conosce Neri Pozza, scultore, incisore e futuro editore, del quale diviene amico fraterno, e, successivamente Antonio Giuriolo, il futuro "Capitano Toni", convinto antifascista che rinuncia alla sua carriera di insegnante rifiutando la tessera del partito fascista, e che ha contatti con Norberto Bobbio e Aldo Capitini.
In seguito all'abbandono degli studi cura da sé la propria formazione: studia Benedetto Croce, legge senza entusiasmo Flaubert e Stendhal, nutre un interesse particolare per Goethe, e, sotto il profilo religioso, riconosce come suoi maestri Tommaseo, il Manzoni giansenista, Fogazzaro e Gallarati Scotti. All'interno della sua formazione e nella maturazione dei suoi studi rivestono particolare importanza gli "Elementi di un'esperienza religiosa" di Aldo Capitini.
Dal 1934 al 1939 collabora con "Civiltà moderna", la rivista fiorentina di Ernesto Codignola, dove pubblica alcuni scritti.
Nel 1938, insieme a Neri Pozza e ai suoi amici, "una piccola brigata di teste calde tenuta d'occhio dalla polizia fascista", crea a Vicenza le "Edizioni dell'Asino Volante", con lo scopo preciso di pubblicare la raccolta poetica "La gaia gioventù e altri versi agli amici" (Vicenza, Edizioni dell'asino volante, 1938), che l'avvocato Ermes Jacchia, un eccentrico editore ebreo costretto alla fuga dalle leggi razziali, non può più dare alle stampe.
Nel 1941 Neri Pozza, Antonio Barolini e Torquato Fraccon, con quest'ultimo nel ruolo di amministratore, fondano le "Edizioni del Pellicano", con le quali lo scrittore vicentino pubblica la raccolta poetica "Il meraviglioso giardino" (Vicenza, Il Pellicano, 1941), e, in seguito alla morte della sorella Caterina, avvenuta per tisi nel 1942, le "Poesie di dolore in morte di Caterina e tre preghiere in aggiunta" (Vicenza, Il Pellicano, 1943).
Nel 1943 pubblica il racconto autobiografico "Giornate di Stefano" (Padova, G. Tolomei, 1943), che, tuttavia, conosce una scarsa distribuzione a causa della guerra in corso.
In seguito all'arresto di Mussolini e all'instaurazione del governo Badoglio, il 28 luglio 1943 Antonio Barolini assume la direzione provvisoria del neonato "Il giornale di Vicenza", sorto dalle ceneri della "Vedetta fascista", mantenendola formalmente fino al 27 settembre, e concretamente fino al 12 settembre. Infatti, in seguito all'armistizio dell'8 settembre e all'occupazione tedesca di Vicenza, Barolini è costretto alla fuga a Venezia, dove trascorre nella clandestinità gli ultimi anni della guerra, ospite nelle case di alcuni amici.
Il 28 marzo 1944 viene condannato a morte dal Tribunale speciale della Repubblica sociale italiana per la sua direzione de "Il giornale di Vicenza", pena poi commutata a quindici anni di reclusione in virtù del fatto che il padre era morto a causa di una malattia contratta nel corso del servizio prestato nella marina italiana durante la prima guerra mondiale.
Al termine della guerra si stabilisce a Milano, dove dal 1946 al 1950 lavora nell'Amministrazione aiuti internazionali, e riprende la collaborazione al "Corriere di Milano" e al "Corriere della Sera".
Nel 1946 pubblica la raccolta poetica "Viaggio col veliero San Spiridione : Il meraviglioso giardino, Poesie di dolore in morte di Caterina, Preghiere ai poeti nell'ora della tempesta, Danza sull'acqua" (Vicenza, Il Pellicano, 1946), e, nel 1949, "Il veliero sommerso" (Vicenza, Il Pellicano, 1949), che testimoniano la tradizione marinara della famiglia Barolini, da sempre legata alla navigazione ("il veliero San Spiridione fu l'ultima nave dei miei e naufragò sul finire del secolo scorso", annota Barolini stesso nel volume "Il veliero sommerso").
Nel 1950 sposa Helen Mollica, giovane studentessa americana, dalla quale ha tre figlie, Teodolinda Lucia (n. 1951), Susanna Giulia (n. 1954) e Nicoletta Ellen (n. 1962), e si trasferisce negli Stati Uniti, a Syracuse (N. Y.), città della moglie, dove ricopre per un breve periodo l'incarico di console d'Italia.
In seguito all'incontro con Adriano Olivetti, conosciuto in America, nel 1953 Barolini torna in Italia come direttore dei sevizi culturali di Movimento Comunità nel Canavese, e si trasferisce a Strambino. Nel 1956, tuttavia, quando il movimento di Comunità "si avviava a passare dall'azione metapolitica…a quella politica ed elettorale" (G. Pampaloni, Antonio Barolini, in AA.VV., Letteratura italiana : I contemporanei, V, Milano 1974, p. 712) torna negli Stati Uniti, stabilendosi a Croton on Hudson, dove dapprima riveste l'incarico di consulente della Olivetti, e quindi quello di corrispondente del quotidiano torinese "La Stampa" e del settimanale "Epoca", e collabora alla "Saturday Review" e soprattutto al "New Yorker" e al "Reporter".
Su questi ultimi due prestigiosi fogli americani pubblica, tradotti e rielaborati in inglese dalla moglie, una serie di racconti che piacciono molto al pubblico, tanto che l'editore Harper & Brothers nel 1960 gli chiese di riunirli nel volume "Our Last Family Countess and Related Stories" (New York, Harper & Brothers, 1960). Tali racconti, accresciuti con "Una casa in America", nel 1968 vengono pubblicati in edizione italiana nella collana dei "Narratori" Feltrinelli diretta da Giorgio Bassani con il titolo di "L'ultima contessa di famiglia : racconti" (Milano, Feltrinelli, 1968).
Nel 1953 pubblica la seconda edizione de "La gaia gioventù e altri versi agli amici" (Venezia, Neri Pozza, 1953), mentre nel 1959, con Feltrinelli, pubblica la raccolta poetica "Elegie di Croton", con la quale vince il Premio Bagutta 1959.
Nel 1960, a dieci anni dalla scomparsa di Maria Lucia Albarello, pubblica con Neri Pozza le "Poesie alla madre" (Venezia, Neri Pozza, 1960).
Nel 1962, ancora un volta con Feltrinelli, pubblica il romanzo "Una lunga pazzia" (Milano, Feltrinelli, 1962), che arriva in finale al Premio Strega, e, nonostante venga battuto da "Il giardino dei Finzi Contini" di Giorgio Bassani, conosce molto successo e numerose traduzioni negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Francia e in Germania.
Nel 1964, in seguito a una grave crisi cardiaca, Barolini è costretto a smettere il faticoso lavoro di corrispondente e, l'anno successivo, lascia gli Stati Uniti e si trasferisce a Roma, dove collabora con "La Fiera Letteraria", il "Corriere della sera" e con la Rai, dirigendo la rubrica televisiva "L'Approdo", e dove riveste la vicepresidenza dell'Unione italiana per il progresso della cultura.
Nel 1964 pubblica con Feltrinelli la riedizione de "Il meraviglioso giardino" (Milano, Feltrinelli, 1964), scelta di tutte le opere poetiche con introduzione di Geno Pampaloni, mentre nel 1967 pubblica sempre con Feltrinelli il romanzo "Le notti della paura" (Milano, Feltrinelli, 1967), che arriva in finale al Premio Campiello.
Nel 1968 esce l'antologia "L'angelo attento : Il meraviglioso giardino e altre poesie inedite", con prefazione di Geno Pampaloni (Milano, Feltrinelli, 1968), riedizione accresciuta rispetto a quella precedentemente pubblicata nel 1964.
Nel 1969, ancora una volta con Feltrinelli, pubblica il romanzo "La memoria di Stefano" (Milano, Feltrinelli, 1969), con il quale si aggiudica il "Premio Prato 1969", e che in appendice contiene anche la riedizione del racconto "Giornate di Stefano", già edito nel 1943.
Con Neri Pozza pubblica "Duet" (Venezia, Neri Pozza, 1966), di cui la moglie Helen è coautrice, "Torquato e Franco Fraccon" (Vicenza, Neri Pozza, 1967), "Ritratto di un quacchero" (Venezia, Neri Pozza, 1967), "Meditazione sul miracolo del pane e del vino" (Venezia, Neri Pozza, 1969). Queste due ultime pubblicazioni sono nate in seguito al lungo soggiorno in America, dove, in seguito a fertili e attivi contatti con altre comunità cristiane, specie quelle dei quaccheri, e dopo aver cercato lungamente di penetrare nei misteri yoga della mistica indiana, Barolini è giunto alla conclusione che i veri contenuti della Chiesa originale non sono morti
Al suo rientro in Italia inizia, quindi, a scrivere articoli religiosi, molti dei quali redatti per "La Discussione", settimanale della Democrazia cristiana, sotto l'urgere dei problemi che investono la vita cattolica di quegli ultimi anni: il controllo delle nascite e "i figli della responsabilità", la spinosa questione del divorzio, gli intellettuali cattolici, la confessionalità e la politica, se il lavoro ateizza e scristianizza l'uomo, i rapporti generazionali tra "giovani inquieti e padri preoccupati", il sacerdozio e il matrimonio, il celibato dei preti. Nascono così i saggi religiosi, pubblicati postumi col titolo "Il paradiso che verrà : momenti di un'esperienza religiosa" (Firenze, Vallecchi, 1972).
Rimane, invece, incompiuto il romanzo "Un pezzo di pane", dedicato positivamente alla contestazione giovanile e agli hippies, del quale Barolini aveva iniziato a scrivere i primi capitoli: infatti, prima di poter terminare l'opera, Antonio Barolini muore a causa di un attacco cardiaco il 21 gennaio 1971.

Carte Antonio Barolini

1895 - 2010 unità archivistiche 102